Uno: il viso si volta come una carta scoperta.
Due: l’orecchio fischia ed inizia la stordita.
Tre: mi sento dondolare tra formicolii e tremore.
Quattro: cado giù per terra come una conta che non torna.

E di nuovo.

Uno.
Il viso si volta, come una carta scoperta.
I capelli la seguono per proteggerla, ma non serve.

Due.
Qualcosa fischia, ed inizia ad essere stordita.
Si aggrappa al tavolo, inizia a girarle la testa.

Tre.
Si sente dondolare, tra formicolii e tremore.
Non vuole cadere, intontita tra fischi e dolore.

Quattro.
Cade giù per terra, come una conta che non torna.
Si arrende al pavimento.

E riconta.

Uno schiaffo !
ed il viso mi si volta, come una carta scoperta.
I capelli mi seguono per proteggermi, ma non serve a nulla.

Due schiaffi !!
è l’orecchio, ora ricordo, che fischia; inizio ad essere stordita.
Mi aggrappo al tavolo per non cadere; inizia a girarmi la testa.

Tre schiaffi !!!
e mi sento dondolare, tra formicolii e tremore.
Ma non voglio cadere, ce la devo fare.

Quattro schiaffi !!!!
ma cado giù per terra, come una conta che non torna.
Mi devo arrendere definitivamente, al sordo tonfo del pavimento.

Inizio a vedere.
E ricordare

Una goccia rossa sul pavimento.
Due gocce rosse per farsi compagnia.
Tre gocce grosse e la pioggia inizia.

Una goccia rossa  inizia a scendere, gocciolando sul pavimento; non capisco subito.
La guardo stordita: la goccia rossa è rotonda, quasi perfetta.

Ora sono due le gocce rosse sul pavimento a farsi compagnia; cerco di capire.
Inizio a singhiozzare.

Le tre gocce grosse succedono ad altre gocce ed alle lacrime.
Una pioggia interminabile di sangue e dolore.

Inizio a piangere.
Ed a realizzare.

Mi porto una mano al viso.
Mi imbratto tutta – di lacrime e sangue.
Inizio a svanire nella paura e nel dolore.

E continuo a contare…
a contare…
contare…

Uno – lo schiaffo mi volta.
Due –  l’orecchio fischia.
Tre –  mi sento dondolare.
Quattro – cado giù per terra.

Una goccia di sangue sul pavimento.
Due gocce di sangue ad ansimare.
Tre gocce rosse – ed inizio a sanguinare.

Piange una lacrima.
Piango la lacrima.
Piangendo, cerco di far tutto svanire.

Svanisco…
Voglio svanire…

Ora però mi alza pesantemente, riportandomi alla realtà.
Che farà?
Vorrà ricominciare?

Si accorge di tutto, di tutto ciò che può vedere.
Delle lacrime e del sangue.
Ma non vede il mio dolore.
Si chiede sorpreso “Chissà come ho fatto a farti sanguinare.”
Mi pulisce la maglia perché “Chissà la gente cosa potrebbe pensare.”

È passato qualche giorno, il gonfiore ormai è passato.
La mia bella bocca – forse – non rimarrà deturpata.
Resterà forse solo una cicatrice quasi invisibile.
Il segno di una storia che non sembra aver mai fine.
Vedrò ogni mattina – allo specchio – il riflesso di quest’ultimo regalo.
Il segno che tu ci sei stato.

Non è per il ricordo del dolore fisico – degli schiaffi che mi hai dato.
È perché rimarrà permanente, impressa sul mio viso, la cicatrice che raccoglie tutte le menzogne e le umiliazioni che tu mi hai obbligato.

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