Non sapevo chi fosse mio padre. Mia mamma me l’ha sempre taciuto.
Non che non gliel’abbia chiesto – e pure con una certa insistenza -, ma crescendo mi si manifestava sempre più evidente il silente dolore che le serrava il volto al solo accenno e le crepe di rughe, che si inasprivano fra i suoi bei lineamenti; così è diventato ufficialmente un capitolo chiuso della nostra storia, ufficiosamente un fantasma che infesta tuttora la mia mente.
A volte vorrei scaricarle addosso tutta la mia rabbia, perché sarebbe mio preciso diritto conoscere le mie origini; per quanto possano essere poco nobili – figlia di sola madre a causa di
un bambino egoista incapace di assumersi qualsiasi responsabilità o di un rispettabile padre di famiglia o ancora, di un uomo premuroso, che ha poi svelato il “lato B” con sorpresa – ma ciò
non mi è dato saperlo, mi piacerebbe comunque presentarmi, fargli vedere che ci sono e chi sono, ma soprattutto sapere “perché?”.
Sicuramente sposare mia madre non dev’essere stata la priorità di quell’uomo e suppongo che sia per questo che i miei nonni non li ho visti che in fotografia.
Non che mi pesi troppo – c’est la vie – ma se spesso posso ridere per l’essere la figlia e la nipote di Ulisse, altre mi ritrovo in lacrime nel ruolo della figlia e nipote di del Sig. Nessuno.
Mia madre cerca di farmi forza, mi ripete sempre – a volte sospetto più a se stessa che a me – che ciò che conta è essere in pace con se stessi e fare sempre del proprio meglio.
Ma se questa filosofia di vita sarà una guida per me come per lei non mi posso aspettare nulla di meglio che un posto da dipendente sottopagata e con turni impossibili.

–         Ciao Lara! –
–         Hasan! Come va?-
Una volta tanto l’incontro peggiore che potessi fare avveniva giustappunto per distogliermi dai miei pensieri maniacali.
Frequentiamo entrambi il primo anno di giurisprudenza con la differenza che io nel tempo libero lavoro in un bar, cercando di arrotondare i proventi della borsa di studio, mentre lui quando può si diverte a tormentarmi mentre servo i clienti.
–         Bene. E tu? Tu e la tua setta di femministe?-
Hasan è di origine iraniana, ma è nato in Italia ed è perfettamente integrato, oserei dire conformato, tanto che l’originalità sta ai suoi pensieri come la rima cuore-amore ad un testo della Pausini.
–         Per prima cosa, lo scoutismo non è una setta ma un movimento. Secondariamente, non ci occupiamo solamente della situazione femminile nel mondo, ma è il tema che abbiamo scelto di approfondire quest’anno e mi pare non sia necessario solo a noi…-
–         Bah, cosa c’è da dire sulle donne? Quello che possono aver mai prodotto di importante è al massimo un uomo – notevole sì – ma è indice solo dei loro connotati biologici, che le caratterizzano nella società. Hai mai sentito parlare di una grande poetessa o di una scuola di pensiero fondata da una donna? Di una matematica? Le donne sono fatte per produrre e ripetere, mentre all’uomo sta il creare nuove vie e battere nuove strade. –
–         Certo! Perché se una donna ci prova si chiama “puttana”, se poi non è bella o è poco femminile allora è una “virago”. Sapevi che nella tomba di Petrarca giace uno scheletro femminile? È significativo. La fisica Lise Meitner ha spiegato teoricamente la fissione nucleare, mentre sui libri scolastici appare il nome del suo collaboratore, il chimico Otto Hahn, che di fatto se ne è assunto ogni merito. Ipazia d’Alessandria, matematica, astronoma e filosofa, è stata uccisa per il solo fatto di insegnare pubblicamente…Le alternative erano il completo distacco dai canoni sociali come hanno scelto Saffo o Emilie du Chatelet, oppure l’appoggiarsi ad un uomo come  Marie Curie, pena il venire fagocitate per la propria irriguardosa superbia. Ma è inutile che continui, per te è una grande scoperta persino Elisabetta I d’Inghilterra!-
Hasan ammutolì per un attimo – fatto esecrabile in un futuro avvocato, ma che depone a favore del suo cervello -; cercò di parare il colpo: – Beh, mia madre sta a casa ad occuparsi ormai dei miei fratelli per lo più, ma per me è una grande lo stesso. Se non fosse per lei, casa nostra sarebbe una bolgia.- Dopodiché cercò di fare lo sguardo il più contrito possibile, sbattendo le sue lunghe ciglia nere a contorno dei suoi umidi occhi di carbone, uno sberleffo di sorriso lo tradiva.
Risi a quella ruffianesca pantomima, perla istrionica, che avvolgeva forse un granello di verità.

Un avventore richiamò la mia attenzione. Incominciai a preparargli il suo caffè al ginseng, ma i miei riflessi, condizionati dalla routine, mi permisero, anzi mi condannarono a rivivere nella memoria le esperienze delle donne violate, di cui avevamo tanto discusso alle riunioni scout.
Un senso di nausea mi prese lo stomaco.
Più di duecento anni sono passati dalla Rivoluzione Francese, ma ancora oggi nella maggioranza dei paesi mondiali la donna è un corpo, il cui volto e la cui voce appartengono al marito, la cui anima è il marito, tantissime muoiono di parto e altrettante soffrono l’infibulazione. La sterilizzazione per il controllo delle nascite è all’ordine del giorno in Cina ed in Brasile e lo stupro in tempi di guerra è un’ovvietà impunita.
Immersa in queste urticanti riflessioni giunsi a casa, dove, subito all’ingresso, rinvenni una busta indirizzata a me.
La calligrafia era quella della mamma, ma non capivo il motivo di imbustare un biglietto quando poteva lasciarmelo sul tavolo in cucina. Aprii curiosa.
7/ 03/’07
Cara Lara,
fra poche ore sarà  il tuo compleanno, l’8 Marzo, un gran giorno. Quando sei nata, proprio nel giorno della Festa della Donna, l’ho trovata una di quelle piccole, ma significative coincidenze, che costellano la nostra vita. Ma questo, mi dirai, te l’ho sempre detto.
Ecco perché ti scrivo. Perché c’è qualcosa che ti taccio da sempre. Vorrei poterti risparmiare questa confessione, ma, se te la faccio, è perché so che non ne sarai schiacciata, bensì fortificata.
Il giorno in cui sei stata concepita mi stavo recando a lavoro di buon mattino, quando un uomo ha cercato di  piegare la mia volontà alla sua. È stato un magro, e francamente fasullo,  momento di gloria, ma tanto è bastato affinchè tu esistessi. Ora aspetta! Continua a leggere.
Ora tu ti starai tecnicamente definendo “figlia di violenza”, ma io non sono d’accordo. I parti della violenza sono il rancore, l’odio, la recriminazione.
Invece io vedo una giovane donna in gamba, sensibile, che sa vedere il dolore attorno a sé e non lo sfugge, ma cerca di porvi rimedio.
Vedo una ragazza intelligente, che con senso critico guarda il mondo che la circonda e che non si accontenta dei percorsi predefiniti, ma che vuole il meglio dove possibile.
Vedo tutto l’entusiasmo che stai mettendo nei tuoi studi. So che vuoi farti strada nella vita, ma servendo utilmente gli altri, senza farti sopraffare e senza strumentalizzarli a tua volta.

Io a mio tempo ho perdonato e ciò mi ha letteralmente tolto un peso dal cuore. Vorrei che anche tu non odiassi il tuo passato.
Non dico che non sia  difficile. I miei genitori volevano che mi liberassi della creatura che portavo in me  e non hanno mai capito la mia scelta.
Io ho cercato inizialmente di non punirti per le colpe altrui, ma più crescevi più ti amavo.
In seguito non ho potuto fare altro che guardarti crescere con orgoglio, ripensando al terribile errore che avrei potuto fare.                 Ti voglio bene                    Mamma

Piangevo. In quel mentre rientrò mia madre con un cabaret di pasticcini. Le corsi incontro, le buttai le sue borse a terra. Piangemmo abbracciate, non ricordo per quanto tempo.

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