Ada aveva subito per mesi del mobbing, da parte di un dirigente pubblico all’apice della carriera e prossimo alla pensione.
Una donna.
Che genere di minaccia poteva mai rappresentare, per lei? era un’inferiore gerarchica, senza velleità di carriera, pur cercando di svolgere al meglio i suoi compiti; era invece persona di principi, mai si sarebbe macchiata di scorrettezze, questo lo si coglieva immediatamente. Nel settore pubblico, poi!…
Allora, perché tanto accanimento?
Era stata la donna stessa a chiedere  di terminare la carriera in quella città ed in quell’ufficio; si trattava di persona molto potente ed era stata subito accontentata. L’ufficio era composto di poche persone; il lavoro consisteva nel controllo di atti, congeniale ad Ada, poiché le consentiva di prendersi il tempo necessario per riflettere, valutare; detestava le pressioni e le urgenze di qualsiasi genere.
La nuova arrivata si presentò affabilmente, cercò (così almeno sembrava) di entrare in sintonia con il personale, persino di accattivarsene le simpatie.
Ada scoprì che avevano un’amicizia in comune: l’ultimo dirigente che aveva avuto, prima di cambiare sede in seguito al matrimonio. Un uomo, stavolta.
Nutriva per lui quasi una venerazione ed anche in seguito – considerando gli eventi con occhi più distaccati – ne ricordava con affetto l’umanità e l’equilibrio oltre alla competenza e doti rare quali l’autoironia e la capacità di sdrammatizzare situazioni delicate…
Presto la nuova arrivata si guadagnò così la sua fiducia e, in parte, la sua confidenza; salvo poi a sfruttare le informazioni di Ada lavorando su due fronti: da un lato, tentava di distruggerla dal punto di vista psicologico; dall’altro, la sminuiva agli occhi dei colleghi, tutti di qualifica inferiore alla sua (dopo la dirigente, era lei la più alta in grado).
Dapprincipio, furono battutine taglienti. Nel contempo le impartiva delle “lezioni di vita” che finivano sempre col dimostrare come Ada fosse una specie di “minus habens”, del tutto inadeguata a vivere in una comunità e come il marito, obnubilato dai sentimenti, non se ne rendesse conto; e il bello è che lei, mancante a quell’epoca quasi del tutto di autostima, per via della sua storia personale, era presa dai dubbi, anziché mandarla elegantemente a quel paese. La donna sosteneva anche che Ada fosse affetta da manie di persecuzione.
Davanti agli altri la screditava, riservandole un trattamento peggiore ogni giorno che passava e mettendola in una posizione piuttosto antipatica e difficile.
Durante una sua assenza per ferie, convocò personale e sindacati per far “passare” un provvedimento sul quale, lo sapeva, non sarebbe stata d’accordo. Naturalmente, Ada ne ebbe notizia a cose fatte.
In seguito le sottrasse delle competenze e giunse a toglierle del tutto il lavoro. Appena in ufficio, timbrava il cartellino, raggiungeva la stanza assegnatale ed aveva davanti a sé diverse ore da trascorrere… nell’ozio e ella solitudine più assoluti.
Non era da lei. Ricordava quel periodo come un incubo, a volte aveva creduto d’impazzire.
Sottrasse anche della corrispondenza proveniente dalla sede centrale, chiusa ed indirizzata ad Ada nominativamente. Quando ancora lavorava nella sua stanza, vide la lettera insieme al resto della posta dell’ufficio,  ma non la ricevette mai. Ancor oggi, a volte, si chiede cosa contenesse e la disturba l’idea che non  verrà mai a saperlo e che un’estranea si sia appropriata di qualcosa di suo personale. La sente come una specie di profanazione.
Neanche allora Ada si mosse. Tutti sapevano che la Signora era molto potente, inoltre la frenò il pensiero che, se avesse tentato una qualche azione, quella donna avrebbe per prima cosa accusato il collega addetto allo smistamento della posta. Non poteva metterlo in difficoltà.
Nessuno poteva aiutarla, l’ufficio, pur con ubicazione decentrata, dipendeva direttamente dall’Amministrazione centrale.
Eppure resisteva, le teneva testa, e ciò doveva irritarla ancor di più.
Aveva deciso che era ora che se ne andasse, non tollerava più a sua presenza (ma qual’era la sua colpa, in nome di Dio?)
Una mattina s’era appena seduta al suo posto, che squillò il telefono. Alzò il ricevitore e si sentì investire da una serie di urla minacciose, che terminarono con “Ma quando te ne vai?”. Quando posò i il ricevitore, tremava come una foglia.
Ce n’era d’avanzo anche per una “tosta” come lei. Chiese ed ottenne (immediatamente) un appuntamento col Capo della struttura e gli espose la situazione. Lui esternò ad Ada tutta la sua comprensione, la Signora era nota nell’ambiente e non aveva probabilmente neanche tutte le rotelle al loro posto, ma non ci si poteva far nulla (c.v.d.); piuttosto, col suo consenso naturalmente, l’avrebbe accolta a braccia aperte in uno dei suoi uffici. E così fu. Che altra scelta avrebbe avuto?
(In seguito venne a sapere che era stata rifiutata dal suo amico, fedele alla propria compagna; che aveva una situazione affettiva disastrosa; che in altre sedi era riuscita a ritardare notevolmente l’accesso alla dirigenza di alcuni suoi colleghi; che alcuni ex dipendenti di quella donna – quasi tutte donne anch’esse – avevano sofferto di crisi depressive…).
Un episodio in particolare non dimenticherà mai: un giorno ebbe l’ardire di esprimere il proprio parere su una pratica. “Io penso…” cominciò. Lei la zittì, secca: “Lei non deve pensare”.

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