Quando Irina aprì la porta rimasi pietrificato.
Mi riusciva difficile riconoscere i lineamenti del suo viso tanto era sfigurato.
Se non avessi saputo con certezza che il vestitino color verde pisello che stava indossando era l’unico che portava tra le mura domestiche, mi sarei chiesto se il campanello che avevo appena suonato era quello giusto.
No, non mi ero sbagliato: era proprio Irina!

Dopo il primo momento di smarrimento, guardando con viva apprensione la giostra di colori che si rincorrevano sul suo viso le chiesi istintivamente:
– Cosa ti è successo?
Irina non rispose alla mia domanda, perché sapeva che io conoscevo già la risposta.
Si limitò a fare un lieve cenno col capo per invitarmi ad entrare e aprendo completamente la porta scorse Tatiana.
– Questa è una nuova assistente sociale.
Dissi prontamente girandomi leggermente verso Tatiana e notando i suoi occhi ancora sbarrati per lo stupore.
– Sai Irina, ha appena terminato il corso superandolo a pieni voti e sono sicuro che ti sarà di grande aiuto.
Continuai, cercando di rinfrancarle entrambe.

Io e Tatiana ci sedemmo e Irina iniziò quello che per me era ormai l’ennesimo episodio della sua triste storia, mentre per la mia giovane collega era tutto nuovo.
Anche se quest’ultimo pestaggio era stato il più feroce.
Stavo assistendo la famiglia Michajlicenko dal mio arrivo a Kiev, ma non avevo ancora visto niente di simile.
Questa volta Sergeevic aveva veramente esagerato.

Non ebbi il coraggio di dire a Irina che questa sarebbe stata l’ultima mia visita in terra di Ucraina vista la situazione che mi si presentava davanti.
Ma il mio silenzio si rivelò importante.
Mentre Irina e Tatiana stavano conversando notai con piacere che tra le due si stava già instaurando un notevole feeling.
Certo, con Sergeevic sarebbe stato ben più difficile, ma i metodi di Tatiana, che tanto avevano sconvolto sia me che gli altri istruttori del corso, avrebbero dato i suoi frutti.
La sua teoria era molto semplice: la lettura.
Era sua intenzione studiare prima il caso, forse per mesi o anni, poi ad ognuno far leggere il libro più “appropriato”.
Mi auguravo sinceramente che il suo metodo funzionasse anche con Sergeevic e Irina.

Lasciai Kiev in un giorno freddissimo, sotto una nevicata così fitta che giunsi a fatica all’aeroporto.
Al mio arrivo a Fiumicino provvidi subito a togliermi il colbacco ed il montone per non rischiare di essere preso per pazzo, visto che tra Kiev e Roma i gradi di differenza erano almeno trenta.
Durante il tragitto in pullman verso la stazione Termini pensavo con preoccupazione e una punta di rammarico alla Famiglia Michajlicenko e all’enorme compito che gravava sulle spalle di Tatiana.
Nei tre anni trascorsi a Kiev ero riuscito a risolvere tutti i casi tranne questo; mi chiedevo: Tatiana sarebbe riuscita a sistemare questa difficilissima situazione?
Era sicuramente una persona garbata e sensibile, qualità indispensabili per fare l’assistente sociale, ma era all’inizio e temevo che questo primo incarico così gravoso la potesse scoraggiare.
La sua laurea in Storia e Letteratura russa le sarebbe stata di grande aiuto per l’applicazione del suo nuovo metodo, ma con quali risultati?
Il giorno in cui le avessero offerto una cattedra, avrebbe lasciato tutto?
Questi pensieri affollavano la mia mente e non mi ero accorto che il pullman era già giunto al capolinea.
Scesi in tutta fretta scusandomi con l’autista e mi diressi di corsa verso la linea B del metro: ero ormai vicino a casa.
Quando vidi il cartello della mia fermata recante la scritta Garbatella, ebbi come un tuffo al cuore: le valige non mi pesavano più e percorsi tutta via delle Sette Chiese in un batter d’occhio.
Davanti a casa, ad attendermi trepidanti, i miei genitori e mio fratello Roberto.
Non li vedevo da tre anni, dal giorno della mia partenza per Kiev e li abbracciai con tutta la mia forza.

Nei giorni seguenti non mancai di raccontare loro le belle esperienze vissute in Ucraina, ma dei Michajlicenko non dissi nulla.
Ripresi presto il servizio e ritornai a frequentare gli amici di sempre che mi consideravano quasi un eroe.
Ma il mio pensiero andava sempre in Ucraina.
Come se la stava cavando Tatiana?
Alla mia partenza da Kiev mi disse che si sarebbe fatta viva solo a situazione risolta.
Passarono due lunghi anni senza sue notizie.

In una splendida mattina di sole, aprii come sempre per primo la cassetta della posta e trovai una lettera di Tatiana.
Il cuore mi batteva forte.
Strappai con veemenza la busta e iniziai a leggere.
Applicando il suo metodo con pazienza, Tatiana aveva convinto Sergeevic a leggere Ulisse di James Joyce.
La sua lettura era però fatta controvoglia e andava molto a rilento, ma un giorno rimase “folgorato” da questa frase: “un uomo che alzi la mano su una donna se non per accarezzarla merita di essere bollato come il più vile tra i vili”.
Smise completamente di bere e di picchiare la moglie, riprese il suo lavoro da netturbino e iscrisse prontamente i suoi quattro ragazzi a scuola.
Finalmente la famiglia Michajlicenko era tornata quella di un tempo.
Il metodo di Tatiana aveva funzionato e dai miei occhi sgorgarono lacrime di gioia.
Incamminandomi verso la mia auto e verso altre famiglie da aiutare pensavo: è bastato un libro, anzi una sola frase di un libro!
Forse ogni uomo dovrebbe leggere quel libro e incidere quella frase nella mente e nel cuore.

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