Buio.
Freddo. Uno strano calore alle gambe.
Dolore. Dolore.
Smarrimento…dove sono?
Detesto quei momenti di stordimento, come quando ti svegli e ci sono quei 4 o 5 secondi, nella migliore delle ipotesi, in cui vorresti tanto che qualcuno ti dicesse se non altro che giorno è.
Ma torniamo ad ora:proprio a me devo capitare queste cose?!Devo sempre aver sotto controllo tutto ed ora … Legge del contrappasso?
Calmati!Per quanto è possibile.
Ragiona!La vedo dura.
Concentrati sul tuo corpo!Dolore. Sto per piangere, anzi no, non posso finché non so perlomeno da che parte del mio corpo proviene.
La gamba! Ma anche il resto: le braccia, il viso…
e la bocca?
Deve essere proprio sangue il sapore che sento.
E questo odore? Carne bruciata. La mia.
Cervello mio che ti prende?
Perché ci metti così tanto a capire?
Non è che forse non vuoi capire, renderti conto?!
Forse basta un pizzicotto e mi sveglio. Sarebbe bello. Riuscissi a muovere la mano.
Perché non lo ammetti?Hai già capito chi è stato a ridurti così e a lasciarti qui, credendo, sperando, fossi morta, sul pavimento di casa tua, anzi, siamo più precisi, vostra.
La moquette. Quanto tempo per cercarla, non mi andava mai bene, il colore, il materiale, la fantasia, poi  l’avevo trovata proprio come la desideravo ed ora eccola là sotto di me che brucia, con me.
Uno sforzo sovrumano di cui so di essere capace per fare rotolare il mio corpo via da quelle fiamme. Quelle che avvolgevano la gamba, per fortuna si spengono.
C’è il dolore che aumenta ad ogni istante a tenermi compagnia.
Devo trascinarmi fino al pavimento del bagno perché il binomio fiamme-moquette non scherza.
Non so come, ci arrivo, c’è un secchio, benedetto il mio disordine!
Le fiamme sono spente.
Ho come il  non vago sospetto che non si siano lasciate dietro solo le ceneri di quella che era la mia bella moquette. Se qualcuno andrà a vedere tra quelle, oltre a brandelli della mia carne, troverà fiducia, spensieratezza, amore…
Piango…finalmente. Dio solo sa quanto!
Questo dio mi sta vedendo? lascia che questo mi accada?
Basta! Sai cosa ti è successo, lo sapevi da prima che accadesse.
Non fingere di essere stupida, non lo sei, non ti nascondere dietro ad un dito. Sai chi hai incontrato, di chi ti sei innamorata…lasciando che questo amore come una fitta nebbia offuscasse tutto.
Poi, uno squarcio, la nebbia si dirada e tutto quello che già c’era, ma non si vedeva(?), emerge, ti sbatte in faccia con una forza che ti fa tremare fino al midollo e ti lascia stordita.
Quante volte avevi sentito storie come quella che poi è diventata la tua.
Ai primi sintomi di quello che ti sarebbe accaduto trovavi scuse, per lui, ti macchiavi di colpe che non avevi, per giustificarlo.
Se prima avessi avuto il coraggio di opporre un secco no a quello che stava succedendo, avrei trovato qualcuno in grado di aiutarmi?Che non mi guardasse come si guarda ad una bambina capricciosa? Forse sì, molto probabilmente no. Perlomeno credevi questo.
Ora una forza nuova:istinto di sopravvivenza poi coraggio.
Come quegli animali feriti che quando meno te lo aspetti ti danno una zampata, magari l’ultima, simbolo di quella forza che solo loro possono avere.
Gli animali: la cosa che più adoro. Mi è sempre sembrato superfluo dire una frase del tipo “gli animali sono meglio delle persone” oppure “più conosco le persone e più mi piacciono gli animali”, generalizzando l’ho sempre pensato.
Mi riaffiora alla mente un libro che ho letto oramai da qualche tempo; strano come certe cose riemergano apparentemente senza alcun motivo.
Ne “l’insostenibile leggerezza dell’essere”,Milan Kundera, dice più o meno questo: non si può sapere fino a che punto un uomo, i suoi sentimenti, il rapporto con gli altri, sia condizionato dal rapporto di forza fra gli individui;la vera bontà dell’uomo si può manifestare solo nei confronti di chi non rappresenta alcuna forza. Il vero esame morale dell’umanità, così in profondità da sfuggire allo sguardo, è il suo rapporto con coloro che sono alla sua mercé:gli animali.
Come posso ricordarmi a memoria questo passo, senza aver capito che lui,quell’esame fondamentale, non lo aveva superato. Il mio cucciolo, sapevo che ne era geloso, si vedeva dal suo sguardo, come fosse sempre sul punto di esplodere, anche con lui, senza motivo, eccetto quelli che esistevano solo nella sua di testa.
I figli, sono stata io a non volerne. Solo ora so di essere stata, sempre, consapevole di non volere che lui ne fosse il padre. Che tragedia sarebbe stata!
Lo sento abbaiare dall’altra stanza…Un enorme nodo in gola si scioglie, è di là.
Faccio forza su di un’unica gamba perché l’altra non so in che condizioni sia ed in questo momento è l’ultima cosa di cui mi importa. Mi aggrappo al lavandino, poi alla porta.
Cerco di non fare caso a ciò che vedo con la coda dell’occhio riflesso sullo specchio del bagno: un viso, il mio, senza più forma e coperto da una maschera di sangue che arrivava fino ai miei ricci dei quali ormai non si vede più il caldo colore.
Prova ad aprire la porta con le zampe. Gli parlo, si tranquillizza.
Mentre apro, girando la chiave nella serratura, un solo pensiero: che stia bene, posso sopportare che ogni cosa venga fatta a me, ma il fatto che gli possa essere stato fatto dal male…
Apro la porta e l’ultimo nodo in gola scende.
Sul viso lacrime dal gusto totalmente diverso.
Mi salta  addosso, non come fa di solito, non con la solita irruenza dei suoi 40kg, sa che a farlo mi farebbe del male. Mi lecca viso, braccia, mani, mi annusa, capisce, non può smettere di zampettarmi intorno, zoppicando, felice che sia con lui, ancora.
Mentre mi picchiava cercava di difendermi ma con un calcio l’ha spinto in un’altra stanza e al colmo della codardia l’ha chiuso lì, perché di certo non poteva sopportare chi mi amasse così incondizionatamente e nonostante grida e botte continuasse a difendermi senza indietreggiare neanche di un millimetro.
Se ne rendeva conto che era meglio di lui in ogni fibra del suo essere.
E’ buffo, quasi mi trovo a ringraziarlo di non avergli fatto nulla. So che non è stata la misericordia né tanto meno l’affetto, piuttosto la paura, la consapevolezza di non essere in grado di lottare con chi è disposto  a tutto pur di proteggere chi ama.
Sperava di me e di lui non rimanesse niente.
Carino, ci dispiace per te, ma siamo qui per stravolgere i tuoi piani!
Si accuccia al mio fianco, ora è tranquillo. Anch’io.
Prendo il telefono.
Voglio che il primo giorno della mia nuova vita, quella in cui non avrò più paura, cominci il prima possibile!

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