Un quaderno con la copertina verde, un po’ sbiadita. Al centro la scritta: “Bella Copia”. Le righe sono quelle che si usavano in terza elementare.

15 Gennaio: Dettatura

Fra gli infiniti doni che Dio, nell’immensa sua bontà, ci ha elargito, quello della famiglia è certamente uno dei più grandi. La famiglia ci dà il senso della sicurezza, della pace, della tranquillità. La casa è un nido di affetti sicuri. Lì sappiamo che due cuori ci amano veramente. Lì sappiamo di poter trovare sostegno alle nostre necessità, conforto alle nostre sofferenze, partecipazione alle nostre gioie E’ dovere dei figli, rispondere ad un amore così grande con altrettanto amore, con viva riconoscenza e con sincera devozione.

Mi rivedo bambina, all’ingresso di una lunga stanza con tanti letti, disposti sui lati. Ho tra le braccia un ingombrante mazzo di fiori, avvolto con carta trasparente che scricchiola ad ogni mio passo. I capelli, arricciati in lunghi boccoli, ondeggiano ritmicamente sulla schiena. L’abito che indosso deve essere nuovo e io mi sento di gesso, lo stomaco chiuso in un pugno; vorrei scappare via. Zia Lina, una cugina di famiglia da cui dormo da alcune notti, mi guida verso un letto sulla mia sinistra. La mamma è molto pallida. Non ha il solito rossetto ma, segni rossi blu sbavati intorno alla bocca e strane macchie scure, gonfie, che si muovono sullo zigomo. I capelli sono nascosti da uno straccio bianco. Cado su di lei, il viso sprofondato nel suo collo e piango, senza fare rumore. I fiori che tengo ancora tra le braccia si stanno rovinando, devo fare la brava e rialzarmi.

29 Gennaio: Dettatura.

Iddio volle essere chiamato Padre. Dire Padre vuol dire una persona che vive per noi, che non ha che un desiderio: il nostro bene. Il padre è il capo della famiglia, ne ha la responsabilità, il peso. Sapete figlioli che il papà vive per voi e di voi? Sapete che in ogni momento della sua vita, è pronto a sacrificarsi e anche a morire per voi? Non sentite il cuore riempirsi di tenerezza pensando a lui, osservando ciò che fa per voi? Non dimenticate, ogni giorno, di ringraziare Iddio di avervi dato un padre terreno e di pregarlo perché lo conservi a lungo accanto a voi.

Una porta sbatte nella stanza accanto, forse il vento. Passi pesanti, una risata, sussurri concitati e poi, il solito brutto sogno. Affondo il capo sotto le coperte, con le mani a tappare le orecchie. La bocca aperta emette forte il respiro per sentirne, dentro la testa, il rumore del soffio. Quando anche questa ingenua strategia diventa inutile e i colpi sordi battono la parete contro di cui appoggia il mio letto e i sussurri diventano grida ovattate e il cuore comincia a pulsare forte in gola e nella pancia, roteando le pupille dentro agli occhi sbarrati mi allontano, danzando, nel vorticoso girotondo immobile di una musica immaginata: balla ballerina, gira ballerina, basta, smettila! Gira, gira, gira.
La fronte sudata. Manca il respiro. Piccole unghie conficcate nella carne e ferirmi, fino a sanguinare. E’ la giusta punizione. Cattiva, inutile bambina! Complice colpevole, senza combattere. Misera e codarda, capace soltanto di nascondere il capo sotto le coperte e cantare una canzone senza titolo. Una pagina in Bella calligrafia colma di macchie d’inchiostro e di correzioni. Una brutta pagina da strappare e poi ricominciare a scrivere, tutto da capo, su un quaderno di terza elementare.
Solo un incubo, un brutto sogno personale che non svanisce ai primi raggi di sole ma, come l’eco, risuona dentro, aggrappato, come un dolore fisico, un malessere permanente, quasi normale. Le piccole mani, strette da fare male, di due sorelle che vanno a scuola. Unica, tacita, disperata ammissione. 

Dentro di me c’è una bambina. Occhi grandi, sbarrati, la bocca serrata. Come nella vecchia foto color seppia nell’album di famiglia, regge in una mano un piccolo uovo bianco, quasi simbolo della sua infanzia mai vissuta, non ancora dischiusa ma, conservata con cura fra dita gentili. Un vuoto nel tessuto della sua vita, uno strappo senza rammendo. Lo spazio mai riempito con grida di gioia o di capricci, con fiabe e incantesimi; come il respiro trattenuto e l’asfissia nel cuore e nei pensieri. Balzo, salto nel tempo e far finta di niente, per sempre.

Solo una volta. Solo per lei. Con coraggio, mi volto indietro a guardare. I piedi nudi sul pavimento freddo. Piccoli passi fuori della stanza e una porta socchiusa. Guarda! Ascolta! Non potevi fare nulla. La bocca grande incapace di gridare. Occhi sbarrati, increduli. Un sogno troppo brutto che, al risveglio, non può essere confidato, troppo diverso dagli incubi degli altri bambini. “Non era colpa tua!” “Tu sei sempre stata così buona!”.
L’abbraccerò e le dirò che le voglio bene. Voglio insegnarle a danzare sulle punte, a cantare e a sorridere per gioco.

Chiudo il quaderno e ripongo in un cassetto quella parte di me che non sono mai stata; piccole verità e bugie, raccontate come in un romanzo.

Una porta sbatte forte. Una risata. Pesanti passi si stanno avvicinando. Una mano grande e forte sopra la mia testa. Alzo gli occhi e incontro uno sguardo gentile. La mano si china sui miei capelli e li accarezza, dolcemente, con la punta delle dita. Mi lascio assaporare il mio diritto all’amore, per tutti i bambini e le donne del mondo.

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